Per parlarti del disturbo d’ansia generalizzata, apro questo articolo con il racconto di una paziente:
“Mi preoccupo di qualsiasi cosa e non riesco mai a prendere una decisione. Quando devo andare in ufficio, inizio a preoccuparmi già dal giorno prima: ho paura di arrivare in ritardo, di non essere in grado di finire il lavoro e di indispettire il mio titolare. E se poi mi chiede qualcos’altro? Sarei in grado di rispondere correttamente? Penseranno che sono un’incompetente. E se poi mi licenzia che faccio?”.
Come puoi vedere, il disturbo d’ansia generalizzata (DAG) è caratterizzato da una preoccupazione eccessiva e di difficile gestione, unitamente alla presenza di sintomi ansiosi. Le persone riferiscono di essere sempre state così: l’ansia e le preoccupazioni vengono percepite come una propria caratteristica, coerente con l’immagine di sé e interferiscono in maniera significativa con il funzionamento sociale e/o lavorativo.
Non c’è qualcosa di specifico che preoccupa il soggetto con DAG, qualunque cosa nel corso del tempo può diventare fonte di preoccupazione: il lavoro, la salute dei familiari, questioni economiche o incidenti che potrebbero capitare. L’intensità, la durata e la frequenza dell’ansia e della preoccupazione sono eccessive rispetto alla reale probabilità o impatto dell’evento temuto.
Come si distingue una normale preoccupazione da una specifica del disturbo d’ansia generalizzata?
Secondo il DSM V (il Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali) le differenze sono tre:
- Le preoccupazioni associate al DAG sono eccessive e interferiscono in modo significativo con il funzionamento psicosociale dell’individuo. Nella vita quotidiana, invece, queste non sono così smisurate e sono più semplici da gestire tanto da riuscire a metterle da parte se ci sono questioni più importanti.
- Le preoccupazioni tipiche del disturbo d’ansia generalizzata sono più pervasive, più pronunciate e più angoscianti, hanno una maggiore durata e, nella maggioranza dei casi, si verificano senza fattori scatenanti.
- Le preoccupazioni della vita quotidiana hanno minore probabilità di essere accompagnate da sintomi fisici come irrequietezza o il sentire i nervi a fior di pelle. Invece, negli individui con DAG troviamo un disagio soggettivo caratterizzato da: affaticamento, difficoltà a concentrarsi, irritabilità, tensione muscolare, alterazione del sonno, tensione o irrequietezza. A queste manifestazioni, si possono aggiungere anche tremori, contratture, sudorazione, nausea e cefalea.
In generale, l’eccessiva preoccupazione, unitamente ai sintomi fisici, compromette la capacità dell’individuo di svolgere compiti velocemente e in maniera efficiente in qualsiasi ambito della vita. Inoltre, nei genitori con disturbo d’ansia generalizzata l’eccessiva preoccupazione può compromettere la loro capacità di incoraggiare nei figli la sicurezza in se stessi.
Il rimurginio: una manifestazione tipica
Le preoccupazioni nel DAG generano una catena di pensieri negativi che porta ad una catastrofizzazione difficile da controllare. In un secondo momento, il processo di controllo diventa il focus stesso della preoccupazione: cioè, il paziente si preoccupa della preoccupazione.
Secondo la Terapia cognitivo comportamentale, e in particolare Weels, le persone con disturbo d’ansia generalizzata usano il rimurginio come strategia principale per anticipare i problemi futuri e sviluppare piani d’azione per gestirli. Tuttavia, questa strategia di coping è utilizzata dalla maggior parte delle persone senza che questo determini una patologia.
Il problema è quando si attivano le credenze metacognitive negative, cioè la preoccupazione della preoccupazione: ad esempio, “Non ho il controllo sulle mie preoccupazioni”, “Impazzirò a causa delle preoccupazioni”, “Non ho più il controllo dei miei pensieri”. Quando queste si attivano, la persona valuta negativamente la preoccupazione e ciò non fa altro che aumentare l’ansia e la sensazione di non essere in grado di gestire la situazione. In seguito, gli individui mettono in atto delle risposte comportamentali che risultano spesso inadeguate: ricerca continua di rassicurazioni (da familiari o da ricerche su internet), evitamenti, distrazioni, uso di sostanze… Tutto questo impedisce il normale processo di autocontrollo in quanto si sposta l’attenzione su fattori esterni. Infine, la persona cerca di utilizzare delle strategie di controllo del pensiero, me è molto difficile liberarsi della preoccupazione nel momento in cui si attiva.
Trattamento del disturbo d’ansia generalizzata
Come per altri disturbi d’ansia, gli studi dimostrano una buona efficacia della Terapia cognitivo comportamentale.
In generale, possiamo dire che il primo passo consiste in una buona psicoeducazione che permetta al paziente di comprendere il disturbo e familiarizzare con il suo funzionamento. In seguito si identificano le credenze sulla preoccupazione e si mettono in discussione per poi cercare nuove modalità funzionali per elaborare i pensieri negativi. La parte finale del percorso terapeutico è dedicata alla prevenzione delle ricadute, cioè un esame delle variabili che possono costituire una fonte di vulnerabilità.
Spero che questo articolo sia stato utile! Se vuoi approfondire contattami qui.
Lisa Bellaspiga – Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
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