Il termine fobia è ormai diventato d’uso comune, ma sai qual è la differenza tra una semplice paura e quello che è un vero e proprio disturbo d’ansia?
Scopriamolo insieme.
Caratteristiche della fobia specifica
Il DSM-V, il Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, include la fobia specifica tra i disturbi d’ansia: in particolare, si riferisce ad una paura o ansia marcata verso un oggetto o una situazione specifica. Questa reazione è sproporzionata rispetto al reale pericolo che corre l’individuo e lo portano a evitare sistematicamente tutte le situazioni in cui potrebbe entrare in contatto con lo stimolo fobico.
Inoltre, la paura, l’ansia o l’evitamento causano un disagio clinicamente significativo e compromettono la vita sociale o lavorativa della persona.
Solitamente, le fobie riguardano gli animali (ad esempio ragni, uccelli, insetti), l’ambiente naturale (ad esempio altezze o temporali) o sangue, iniezioni e ferite.
Quindi, per parlare correttamente di fobia, è necessario che:
- l’individuo sia consapevole dell’irragionevolezza della paura senza essere in grado di controllarla
- ci sia una compromissione di una sfera importante della sua vita
Cosa vuol dire? Se io avessi una marcata paura delle iniezioni, potrei evitare di guardare la siringa che entra nel mio braccio, oppure non fare le analisi di routine. Ma se un infermiere avesse questa stessa paura, la sua vita professionale sarebbe totalmente compromessa.
Come si manifesta una fobia
Per descrivere in maniera esaustiva questo disturbo d’ansia, possiamo identificare tre elementi:
- Componente emotiva. La persona prova un’eccessiva paura o ansia, che possono sfociare in un vero e proprio attacco di panico. Parallelamente, si avrà un’intensa attivazione fisiologica caratterizzata da tremori, palpitazioni, sudorazione e sensazione di nodo allo stomaco.
- Componente cognitiva. Di fronte allo stimolo fobico, si innescano una serie di idee irrazionali che portano l’individuo a sentirsi in pericolo. La situazione viene quindi percepita come catastrofica e la persona potrebbe pensare di non farcela, di stare male o di fare una brutta figura. Tali pensieri continueranno ad accrescere l’ansia e la paura.
- Componente comportamentale. Per non affrontare la fobia, la persona mette in atto dei meccanismi di evitamento. Tanto più evita la situazione temuta, tanto più si rafforza l’idea irrazionale della sua pericolosità. Questo accade perché la persona non ha la possibilità di mettersi alla prova e di verificare la correttezza delle proprie percezioni.
Perché si sviluppa una fobia?
Solitamente, ciò che innesca una fobia è un evento traumatico: si crea un’associazione tra lo stimolo coinvolto nell’episodio e il malessere che l’individuo ha provato. Ad esempio, una fobia per i cani si potrebbe generare in seguito ad un attacco da parte di un animale che ha causato paura, terrore e malessere fisico. Tuttavia, anche assistere ad un evento traumatico senza essere direttamente coinvolti può innescare una fobia attraverso lo stesso meccanismo.
Inoltre, in alcuni casi è sufficiente una falsa reazione di allarme per generare la connessione tra un determinato stimolo e la sensazione spiacevole che il soggetto prova. Ad esempio, se una persona ha un attacco di panico, potrebbe associare quell’esperienza a qualsiasi elemento presente in quella situazione, come oggetti o colori.
Infine, è molto frequente una trasmissione sociale delle fobie. Diversi studi condotti su bambini con questa problematica, hanno riscontrato una percentuale maggiore di genitori con fobie rispetto al gruppo di controllo. Ciò vuol dire che i bambini apprendono in famiglia e nell’ambiente sociale a reagire in maniera irragionevole a determinati stimoli, semplicemente osservando le reazioni degli adulti. In questi casi, la componente culturale ha un ruolo fondamentale.
Trattamento della fobia
La psicoterapia cognitivo comportamentale è il trattamento più efficace e utilizzato per la fobia specifica. In particolare, la tecnica principale è la desensibilizzazione sistematica: l’obiettivo è inibire l’ansia attraverso una risposta antagonista, cioè il rilassamento. Il paziente impara a reagire a determinati stimoli fobici mettendo in atto una nuova risposta condizionata di rilassamento.
Come funziona?
- Nella prima fase, il terapeuta e il paziente stilano una lista di stimoli che generano ansia in ordine crescente e si procede con l’apprendimento di una tecnica di rilassamento.
- In seguito il paziente, dopo aver raggiunto uno stato di profondo rilassamento, viene incoraggiato dal terapeuta ad immaginare gli stimoli fobici. Si inizia da quello meno ansiogeno nella gerarchia concordata e, solo quando la persona non proverà più ansia per un elemento, si potrà passare a quello successivo.
A seconda dei casi, dopo la desensibilizzazione o in sostituzione ad essa, si può applicare anche la tecnica dell’esposizione in vivo. Il paziente, con il supporto del terapeuta, si avvicina fisicamente e gradualmente allo stimolo fobico fino a quando l’ansia non sarà del tutto eliminata. In questo modo, la persona rinuncia a mettere in atto i meccanismi di evitamento, affronta le situazioni temute e sperimenta comportamenti ed emozioni diverse da quelle immaginate.
Tornando all’esempio della fobia dei cani, attraverso questa procedura il paziente potrebbe avvicinarsi a piccoli passi all’animale ed accarezzarlo nella maniera corretta: quindi, verifica concretamente che non c’è un reale pericolo di essere morsi o aggrediti.
Questo tipo di trattamento risulta molto efficace e i pazienti che intraprendono la terapia ottengono degli ottimi risultati.
Qualche curiosità sulle fobie
Oltre alle fobie più diffuse (ragni, uccelli, ascensore, aereo,…) ce ne sono tante altre davvero particolari:
- Xantofobia: la fobia per il colore giallo. Quindi, qualunque oggetto o elemento naturale con questo colore, provoca una forte reazione di ansia.
- Somnifobia: la fobia di addormentarsi. Chi ne soffre, prova un’intensa ansia prima di mettersi a letto: solitamente i pensieri catastrofici riguardano la possibilità che possa accadere qualcosa di tremendo mentre stanno dormendo.
- Coulrofobia: la fobia per i pagliacci. Si tratta di una paura molto diffusa che può sfociare in veri e propri attacchi di panico.
- Omfalofobia: la fobia dell’ombelico. Le persone provano ansia e paura sia nel vedere che nel toccare il proprio ombelico o quello degli altri.
- Hipopotomonstrosesquipedaliofobia: la fobia delle parole lunghe. Si tratta di una paura irrazionale di pronunciare parole lunghe e complicate: probabilmente è collegata al timore di sbagliare e di essere giudicati.
Spero che questo articolo ti sia piaciuto!
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Lisa Bellaspiga – Psicologa e Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale
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